mercoledì 26 marzo 2008

Outing letteral culinario

E' incredibile come la mia passione per la lettura abbia ormai raggiunto di gran lunga quella per il calcio. Se avvisto qualcuno leggere un libro subito cerco di carpirne titolo o genere e potrei rimanere ore a parlare di scrittori, opere e testi preferiti. Il mio rapporto con i libri è ormai diventato morboso. Li custodisco gelosamente concedendoli solo a pochi amici fidati, amo guardarli, sfogliarli, toccarli. Mai rileggerli, soprattutto i preferiti. Annoverare un libro tra i preferiti non è solo conseguenza della bella storia o del bel stile di chi scrive, ma una commistione astrale di più eventi: stato d'animo del lettore, età, luogo di lettura, tempo a disposizione, livello di stress, disgrazie sentimentali in corso.. Un po’ come innamorarsi, del resto: senza un po' di magia non basta incontrarsi e piacersi.
Fin qui tutto bene. La cosa strana è che questi pensieri sono comparsi tempo fa dopo aver gustato degli squisiti carciofi ripieni. Non so dire di cosa fossero effettivamente ripieni, ma l’unione di quegli sconosciuti ingredienti provocò in me una sensazione di letizia e appagamento, di gioia. “Voglio avere assolutamente questa ricetta”, dissi eccitato. Ma i carciofi erano stati preparati dalla mamma del mio amico e nessun giovane presente al pranzo sapeva darmi istruzioni al riguardo. Poveri noi, pensai, se continuiamo di questo passo tutto il sottobosco culturale culinario tipico italiano, proveniente dalle nostre famiglie e tramandato dalle madri delle nostre madri, è destinato a scomparire. Con il tormento di questo pensiero in testa tornai di corsa a casa, scorsi rapidamente i libri accatastati nella libreria e bloccai il mio indice su uno di essi. Eccolo, ansimai, “Cuochi si diventa” di Allan Bay, unico libro presente sulle mie mensole mai letto. Sospirai e fissandolo intensamente gli dissi: “Prometto di non trattarti più come una bottiglia in cantina, imbevuta e abbandonata ad invecchiare, ma come un vero libro, intelligente, necessario, seduttivo ed affabile. Inizierò oggi stesso a leggerti. Anzi, a farti leggere da Simona..”

mercoledì 19 marzo 2008

Quanti me ne dai?

Le maniche corte risuscitate dagli armadi durante questi pomeriggi di sole mi hanno indotto, come ogni anno, a dichiarare guerra ad addominali appannati, trippicipiti e pettorali in pericolo di caduta. La prova costume è praticamente dietro l'angolo ed una resettatina agli arti superiori appare cosa doverosa nonché indispensabile.
Se fino allo scorso anno mi limitavo ad alzare un po’ di pesi e concedermi qualche corsettina, l’entrata nel fantastico mondo dei 30 anni mi ha anche indotto a ragionare su come le altre generazioni percepiscano la nostra età e sugli effetti che il tempo provoca sui contorni occhi e sui cuscinetti adiposi che cingono i nostri fianchi.

Cosa pensano di noi i 20enni:
avete più fascino;
avete più soldi;
siete in formissima;
alla vostra età noi spaccheremo il mondo;
piantatela di lamentarvi del tempo che passa, i veri vecchi sono i 40-50enni

Cosa pensano di noi 40-50enni:
avete più capelli;
avete meno preoccupazioni;
avete più donne (o uomini);
alla vostra età noi spaccavamo il mondo;
piantatela di lamentarvi del tempo che passa, i veri vecchi siamo noi

Ebbene amici, non c’è nulla di peggio che essere incompresi, ed il mondo intero non comprende il nostro dramma. Il dramma di entrare in campo con la palla ai piedi, petto in fuori e testa alta di chi sprizza esperienza da parastinchi e pantaloncini ed essere travolti da un diciannovenne di 80 kg con i suoi quadricipiti esplosivi. Il dramma di iniziare per la prima volta a tifare un calciatore più giovane di te (penso sia per questa ragione che il mio idolo continui ad essere Del Piero). Il dramma di non reggere più con gli amici due serate alcoliche in successione!!
L’equilibrio come sempre sta nel mezzo ed il venir meno di una certa freschezza è controbilanciato da quel briciolo di maturità in più che nel frattempo dovrebbe essere arrivato. Che si traduce in qualità. Dei rapporti, delle relazioni e del modo di essere. Ma fissare intensamente una ragazza, accorgersi che anche lei ricambia il tuo sguardo catapultando l'autostima alle stelle, capire che forse è la volta buona perché sta per rivolgerti parola e sentirsi sussurrare: "scusi, può spostare la sua auto parcheggiata in seconda fila, io e mia mamma vorremmo tornare a casa"..., è molto imbarazzante.
Come una mosca nella minestra.

martedì 11 marzo 2008

Ciao. Magari ci si rivede


Tuu…tuuu…tuuu…
Ciao, sono quello che hai incontrato alla festa,

ti ho chiamata solo per sentirti e basta...
si, lo so, è passata appena un’ora, ma ascolta:
c’è che la tua voce, chissà come, mi manca.
Se in quello che hai detto ci credevi davvero,
vorrei tanto che lo ripetessi di nuovo…
dicono che gli occhi fanno un uomo sincero,
allora zitta, non parlarmi nemmeno.
Posso rivederti già stasera?
Ma tu non pensare male adesso:
ancora il solito sesso!

Cara ragazza del 2000, questa incantevole poesia di Max Gazzè qualche anno fa non avrebbe potuto aver luogo. Le ragazze non erano solite dare il loro numero di casa al primo incontro ed i maschietti non si sognavano neppur lontanamente di chiamare un numero fisso a notte inoltrata. Ci si dava appuntamento magari il sabato successivo alla tal ora nel tal locale. La voglia di sentirsi, di rivedersi o anche solo di guardarsi, ti assicuro, veniva anche a noi. Ma non ci si poteva chiamare o messaggiare appena il desiderio e la brama prendevano il sopravvento. Si aspettava, crogiolantemente impotenti, fino alla sera dell’appuntamento. Sperando e pregando. Non ti dico poi durante i giorni che precedevano l’incontro.., in testa c’era posto solo per il suo viso ed i suoi occhi, così come anche nei discorsi: si parlava di lui con tutti, tranne che con il diretto interessato. E quando (salvo imprevisti) finalmente ci si incontrava, la gioia era immensa ed il cuore rimbalzava talmente tanto nel petto da resettare qualsiasi frase melensa strategicamente preparata con le amiche.

Cara ragazza del 2000, come hai potuto comprendere sono la ragazza di qualche anno fa, quando la tecnologia non era ancora venuta in soccorso dei poveri innamorati. Al mio “lui” scrivevo lettere che arrivavano a destinazione dopo interi giorni e solo la sera potevo gioire ascoltando la sua voce, passando però prima dalle grinfie della madre, sempre attaccata alla cornetta! Adesso che potete usare questo strano aggeggio con tasti e altoparlante, tutto è diventato più facile. Con gli sms non si deve neppure più badare alla grammatica (ormai nessuno ci fa più caso) e ci si può chiamare anche 20 volte al giorno. Ma toglimi una curiosità: la sera, quando vi incontrate o vi ritelefonate, avete ancora qualcosa da dirvi? Sia come sia, volevo solo dirti che oggi siete molto fortunate ad avere un modo per ridurre le distanze ed annullare l'attesa. Tutto e subito. Come mi sarebbe piaciuto possederne uno tutto per me, magari quello super moderno con anche le video chiamate…
Ora ti saluto, mia cara. Sai, stasera mi incontro con Marco, il mio ragazzo. E' da domenica che non lo vedo né lo sento e quando salirò sulla sua auto dovrò incatenarmi al sedile per non saltargli addosso.

mercoledì 5 marzo 2008

La Bussola dell'amore (e dintorni)

Da sempre quando si parla d’amore bisogna prestare parecchia attenzione a frutta e verdura: dalla scontatissima banana si passa velocemente a meloni, carote, pere, finocchi e poi ancora a prugne, pesche e cetrioli, fino ai più raffinati fichi, ciliegie e more, considerati afrodisiaci in quanto simili nell'immaginario erotico a capezzoli e organi genitali femminili (vedi anche Afrodita di Isabel Allende, che consiglio a tutti).
Negli ultimi decenni, inoltre, amore e sessualità si son visti spesso affiancati ad aspetti geografici: le russe sono tutte delle maiale, le spagnole (e, come direbbe Tiziano Ferro, le messicane) hanno i baffi e quelle del Nord Italia si scaldano e si raffreddano con regole dettate dall'infallibe dottrina della Bussola dell’amore. La Bussola dell’amore è quella teoria logaritmica che raffronta i punti cardinali (ovest e est) con la propensione all’arrapamento facile ed alla “botta e via” da parte delle fanciulle nord italiane. Si parte ovviamente dalle nostre chiusissime e castissime sabaude (peggio di loro solo le loro blindate cugine valdostane) per poi passare alle più tiepide milanesi, alle calde bresciane ed alle bollenti tutto fare trevigiane (non scomoderei quelle dell’est, sennò ci si ustiona..). Gli stessi fautori della bussola dell’amore sono anche forti sostenitori della Fedeltà geografica, la quale sentenzia che l’adulterio è adulterio solo se consumato all’interno dei confini regionali (alcuni sostengono addirittura provinciali…). Tutto per auto giustificarsi dalle eventuali scappatelle fuori porta. Sempre più frequenti e lunghe le trasferte di lavoro, sempre meno durature le relazioni. Così dallo spazio si passa velocemente al tempo, sempre più (ab)usato per conoscere gente sempre meno per instaurar rapporti. E ci risiamo. Puoi partire da dove vuoi ma arrivi sempre qui, dove arrivò già tempo fa anche "Ritorno al Pinin": più si conosce, più ci si infila nei letti altrui e più ci si sente soli.
Ma la colpa di chi è?
Di chi, in amore, ha ucciso l'attesa.
E di chi non si è reso conto che aspettare è fondamentale.
Perchè genera desiderio.
E da un po' di tempo, attesa e desiderio, in giro nessuno li ha più visti.