giovedì 31 gennaio 2008

Bighe e gladiatori

Tutto ebbe inizio un paio di settimane fa quando, durante una partita di calcio, lo stopper della squadra avversaria scambiò la mia schiena per una pertica e ci montò sopra, non curante della mia povera cervicale. La mattina seguente decisi di andare alle Molinette per un paio di lastre. Il collo era infatti piegato verso destra e da lì non voleva proprio saperne di muoversi. Peggio di lui solo la mia capigliatura, copiosa di tirabaci e nidi di merlo, frutto artistico/estetico della tormentata notte insonne. Dopo mezz'ora di coda la voce roca dell'altoparlante pronunciò il mio nome. Entrai nell'ambulatorio e ad accogliermi trovai una tremendamente sexy dottoressa quarantenne, mora, con uno stetoscopio al collo che faceva da cornice ad una disarmante scollatura. Accanto a lei 2 praticanti poco più che ventenni, di cui una selvaggiamente riccia con un camice bianco che faticava a nascondere un fisico da urlo ed una sodezza imbarazzante. Mi chiesero di raccontare l'accaduto ed io, preso dall'intrippamento, rincarai leggermente la dose: descrissi la partita di calcio come una battaglia fratricida tra gladiatori e schiavi (gli avversari) nel bel mezzo di un anfiteatro gremito ed eccitato (il campetto) e lo scontro, violentissimo, prese connotazioni epiche. Le tre ascoltavano le mie imprese senza fiatare, sentivo di averle in pugno.
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" ..il collo dovrà farle molto male, vuole un antinfiammatorio?", mi chiese la dottoressa.
"..si, grazie, ne avrei proprio bisogno..", feci io.
"Si tiri giù i pantaloni e si sdrai sul lettino, le faccio un intramuscolare".
Oh cazzo, pensai, "...hem..scusi..non ha per caso nulla per bocca? Le sirighe le patisco un po'...".
"Ma suvvia, uno sportivo come lei..vedrà, non sentirà nulla. Forza, si slacci i pantaloni!", tuonò. Feci come disse. Mentre goffamente mi calavo le mutande percepii le pupille delle praticanti palpare le mie bianche natiche. La situazione si era invertita, ora erano loro che avevano in pugno me. Un attimo dopo che l'ago sprofondò nel gluteo ebbi solo la forza di sussurrare: "..svengoo...o..". Arrivarono 2 infermieri, mi alzarono le gambe e mi fecero riprendere.
"Appena se la sente può andare in radiologia"
Mezzo rintronato e pallido come un becchino mi alzai e vidi una sedia a rotelle.
"ma..."
"Le regole. Se sviene deve spostarsi con questa".

Mi sedetti ed un infermiera mi scarrozzò in giro per l'ospedale, parcheggiandomi in una sala d'aspetto gremita di pazienti. Non mi ero mai sentito così imbarazzamente osservato come in quell'occasione. Sguardi caritatevoli e sbirciate morbose intente a carpire per quale ragione un ragazzo così giovane fosse seduto su quella carrozzina. Incominciavano dal volto per poi passare agli arti inferiori. Mi cadde la sciarpa e ben 3 persone si alzarono per raccogliermela. Dovevo ringraziare tutti, quelli che mi trasportavano, quelli che mi facevano passare, ringraziare, ringraziare, ancora maledettamente ringraziare. Mi sentivo impotente.
E' stata un esperienza mistica, preziosissima. Non ho mai fatto retorica sul blog e di certo non inizierò oggi, ma da quel giorno quando vado a correre e stremato decido di fermarmi, ripenso a quella biga a 4 ruote su cui poggiai il culo. E corro più veloce.

mercoledì 23 gennaio 2008

La scuola Holden ci fa na pippa

Se ce l'ha fatta Baricco possiamo farcela anche noi.
Componiamo una poesia. Una parola a testa, inizio io:

"Sono

giovedì 17 gennaio 2008

Malagol

“O è una disgrazia, oppure è un miracolo”.

Così ho pensato quando mi sono sorprendentemente accorto che una mia amica, solitamente molto loquace e logorroicamente schiamazzante, durante una cena raggiunse il suo personale record di 5 minuti di silenzio. Stentavo a credere che dalla sua larga bocca/becco di papera non uscisse nulla. Assoluta mancanza di suono o rumore. Se poi veniva interpellata, dava risposte a bassa voce, chiare e concise. In alcuni casi argomenti addirittura intelligenti. Incredibile. Quale arcana pozione o fiabesco incantesimo si celava dietro a questa metamorfosi? Il mal di gola. Fantastico. L’infiammazione alla gola non le permetteva di catapultare fuori qualsiasi stronzata gravitasse attorno alla sua grassa ugola, doveva filtrare e dosare le parole prima di farle uscire, sia in numero sia in decibel. Pensare a cosa dire. Pensare. Pensare! Da qui l’idea del Malagol. Il Malagol è un razionalizzatore di vocaboli. Attraverso una piccola pastiglia infiammatoria vengono colpite le prime vie aree respiratorie, in particolare laringe e faringe. Così facendo il soggetto in questione non può più sparare puttanate a raffica, ma è costretto a filtrare, attraverso quel poco conosciuto organo che è il cervello, quello che ha intenzione di pronunciare, ottimizzandolo. Il Malagol può essere assunto da chiunque: fidanzate, madri apprensive, maschi molesti che non riescono a capire al volo che lei non ci sta, capi ufficio, politici, fighetti, sciaquette, fenomeni in genere, suocere, pettegoli, amanti. A parte un leggero arrossamento della gola, non ha controindicazioni e se ne può somministrare in quantità massiva. Consiglio a tutti di assumerlo almeno una volta. I benefici sono molti, sia per noi stessi sia per le persone che ci stanno attorno.
Nello specifico la vera indicazione del Malagol è la naturale produzione di silenzio. Che genera pensiero. Che, in stadi avanzati, dà vita a silenzio inteso come assenza di pensiero (e, se vogliamo proprio fare i mistici, si potrebbe anche aggiungere “placando l’attività frenetica della mente ritrovando così la pace interiore”. Ora basta però con le canne). Il silenzio è indispensabile. Basti pensare che la sua pratica viene considerata una forma di disciplina spirituale presso parecchie forme di religione. Il sadhana induista, la clausura cristiana e la meditazione buddista sono solo alcuni esempi della pienezza del silenzio. Ma scomodare le religioni non serve. Basta osservare i comportamenti di 2 innamorati: frasi appena sussurrate arrivano al cuore su corsie preferenziali, e l’intensità di uno sguardo vale più di mille parole.

giovedì 10 gennaio 2008

Meo amigo Charlie Brown

Nonché Brisgite Bardòbardò. Ovvero: “Che facciamo, Boris, usciamo, anche solo per un oretta?”. No. Quest’anno NO. Tutti gli anni la stessa storia. Tutti lo snobbano, tutti “..è out”, “..io odio le feste comandate, non mi son mai divertita..”. Poi, scatta la mezzanotte e via con Champagne e trenini. Che tristi. Il trenino su “Meo amigo Charlie Brown” è battuto in sconforto solo dal trenino sulla vecchia musica del Nescafè. Quest’anno NO.
Cenetta a base di carne e formaggi, brindisi in casa e settimana bianca all’insegna della tranquillità. Con un unico obiettivo: la riscoperta del divano. Sì amici perché se il capodanno è sopravvalutato, il divano è ingiustamente trascurato. Declassato a semplice sedile imbottito dotato di braccioli, In realtà è molto di più, l’unico mobile su cui investire, centro dell’open space e degno sostituto del caminetto. Punto d'incontro, pensatoio, rifugio accogliente per i rientri sbronzi, fasciatoio per neonati, compagno fedele di play station, digitali terrestri e dvd. Sul divano inizia l’amore (e per i nostri simpaticissimi eiaculatori precoci lì finisce anche..), il petting estremo e quello solitario. E le sue macchie sono un vero e proprio DNA sporcaccionistico della coppia e del single. D’ora in poi quando vi presenterete a casa di qualcuno provate a fare questo esercizio: giro ispettivo in salotto, rapida ma clinica occhiatina allo stato del divano e poi spazio all’immaginazione! Provate a pensare a tutte le porcate che il padrone di casa ci ha combinato sopra, partendo dai cuscini fino ad arrivare a bracioli e schienale. Poi, se ne avrete ancora il coraggio, sedetevici sopra.
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Alla fine io e Boris la notte di Capodanno non ce l'abbiamo fatta e siamo usciti a farci un giro. Verso le due e mezza di notte, simpaticamente ciucchi e ossessionati dalle imboscate della polizia, abbiamo lasciato la macchina in garage e, dopo circa un km a piedi, stremati siamo arrivati alla discoteca più vicina. In pista erano rimasti i peggiori:
oooo…meo amigo Charlie Brown..Charlei Brown!
“Boris, vieni qua, allontanati dalla pista!”
…Brisgite Bardòbardò
“Perché? Sta iniziando il trenino!”
…A, e, i , o , u, epsilon…
“No, il trenino noo! Via, di corsa ho detto!”
Troppo tardi. Era Boris la locomotiva.

giovedì 3 gennaio 2008

L'anno che verrà

Carissimi adepti, gli auguri non ve li faccio. Non perché non vi voglia bene, ma perché penso che il 31 sia un giorno come tanti altri. L’anno nuovo semmai coincide con il rientro dalle vacanze estive, quando veramente il tram tram riparte, si mettono in cantiere nuovi progetti e nuove speranze.
Anyway le nostre gelide vacanze invernali sono trascorse in modo tranquillo, tra mangiate (ed ovviamente bevute), sciate e passeggiate.

Come potete vedere ci siamo difesi in tutti i modi dal freddo (SF sta per Super Fichetta),

ed una volta pronti siamo partiti destinazione piste innevate di Limone Piemonte, piacevolmente sorpresi dai nuovi impianti di risalita e dal gradevole comprensorio (nella foto, Valerio alle 4 del pomeriggio stremato dopo aver sciato tutto il giorno senza pranzare, tanto amante delle discese quanto ossessionato dalla sua molto ben nascosta taglia 50). Per la cronaca quello in alto a sinistra è il Monviso.

Alcune sere le abbiamo anche passate a casa, posto in cui il filosofo barcollante Boris ha dato il meglio di se ed è stato addirittura messo in difficoltà da una biondina di nome Sara.

GUARDA i buoni propositi di Sara e Boris per il 2008

C'è anche stata un intervista doppia a Sara e Simona finita male, ma per questo devo prima chiedere un paio di liberatorie..

Un saluto speciale anche agli altri membri della combricola natalizia, Sonia, Diego e la piccola Gaia.